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PARERE SVOLTO DI DIRITTO PENALE (2014): LEGITTIMA DIFESA

TRACCIA
"Tizio, tornando a casa, scopre Caio intento a rubare la sua autovettura.
Estrae quindi la pistola, che possiede regolarmente, ed insegue Caio, che avendo abbandonato l'auto fugge a piedi. Nel corso dell'inseguimento Tizio esplode alcuni colpi di pistola, cagionando a Caio gravi ferite ad una gamba. Dica il candidato se
il derubato possa essere ritenuto responsabile di lesioni e, in caso di risposta positiva, se a titolo di dolo o di colpa."

SVOLGIMENTO

La condotta di sparare alla gamba a qualcuno, cagionandogli gravi ferite, integra il delitto di lesioni personali ex art. 582 c.p., nella forma aggravata di cui all’art. 583 e 585 c.p., essendo la lesione causata dall’uso di un’arma da fuoco ed avendo cagionato una ferita che può rientrare nella previsione di cui all’art. 583 c.1 c.p.
La condotta posta in essere, nel caso di specie, può astrattamente configurare il delitto di lesioni personali, tuttavia occorre interrogarsi sulle implicazioni provocate dall’aver tizio sparato a Caio dopo averlo scoperto a rubare la sua autovettura. Ci si chiede, pertanto, se tale circostanza possa rendere il fatto commesso nell’esercizio di una legittima difesa.

Il bene giuridico tutelato dalla norma è quello all’integrità fisica personale e si distingue dal delitto di percosse in funzione della maggior gravità dell’offesa, quindi una medesima condotta può configurare sia il reato di lesioni personali che quello di percosse, a seconda delle conseguenze provocate.
In particolare dalla lesione personale deve derivare una malattia nel corpo o nella mente, ove per malattia s’intende la limitazione funzionale del corpo o della parte del corpo lesa, o comunque un significativo processo patologico. Non è necessario che tale limitazione sia definitiva, è importante che sia almeno significativa. Ne consegue che non integrano malattia, quindi non sono lesioni personali, le alterazioni anatomiche che non riducono in maniera apprezzabile la funzionalità dell’organo o della persona colpita. 
In tal senso si è espressa la Corte di Cassazione in diverse pronunce, tra cui la n. 10643/1996, n. 17505/2008, n. 40428/2009.
Nel caso in esame, essendo evidente la lesione personale costituita da una grave ferita alla gamba, non si può negare la configurabilità del delitto, che può ritenersi aggravato ex art. 583 n. 1 c.p.
Altra aggravante sussistente è quella di cui all’art. 585 c.p., avendo Caio cagionato la lesione mediante l’uso di un’arma da fuoco.
Le norme appena citate non dettano autonome figure di lesioni personali, ma si limitano chiaramente a prevedere delle circostanze che si aggiungono al reato di lesioni personali, determinandone una maggior gravità. Sono delle vere e proprie circostanze aggravanti che, in quanto tali, soggiacciono al giudizio di comparazione di cui all’art. 69 c.p.

Quanto alla configurabilità di dolo o colpa nella condotta, nel caso in esame si può affermare senza remore che trattasi di comportamento doloso, in quanto Tizio spara a Caio nel corso dell’inseguimento, così accettando l’idea che alcuni dei colpi avrebbero potuto raggiungere Caio ed anzi agendo con lo specifico scopo di colpirlo, per far sì che si fermasse. 
La specifica volontà di colpire e ferire Caio sarebbe in ogni caso non determinante, in quanto, in linea con le pronunce di legittimità più recenti, si può ritenere sufficiente ad integrare la fattispecie, la presenza  di dolo eventuale (Cass. n. 35075/2010).
È altresì sufficiente la sussistenza di dolo generico: l’agente deve avere consapevolezza che la propria azione può provocare danni fisici alla vittima, mentre non è necessario la volontà di produrre lesioni ben precise, quali ad esempio una ferita su una determinata parte del corpo, uno sfregio ecc. (Cass. n 17985/2009). 
La giurisprudenza più risalente ha addirittura affermato che il dolo è insito nelle lesioni, a prescindere dalla gravità delle stesse, collegate con rapporto di causalità diretta alla violenza fisica volontariamente esercitata sulla persona offesa (Cass. n. 4419/1983). 

Caio ha subito una grave ferita alla gamba causalmente collegata alla condotta violenta di Tizio, in quanto derivante dallo sparo; una lesione di questo tipo implica necessariamente quantomeno un’incapacità di compiere le ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai quaranta giorni (ipotesi che l’art. 583 n. 1 c.p. configura come tale da rendere la lesione grave).
La condotta sarebbe stata colposa se, invece. Tizio avesse posto in essere l’azione conscio dei rischi conseguenti, ma credendo di essere capace di evitarli o comunque sperando che non si sarebbero realizzati. Tale logica non può sottendere ad un comportamento come quello posto in essere nel caso di specie, che di per sé denota coscienza e volontà dell’azione e delle sue conseguenze, o comunque accettazione delle stesse.

Posta la sussistenza del reato, è opportuno valutare attentamente le circostanze in cui si è svolta l’azione al fine di comprendere se sia configurabile una causa di giustificazione, che esclude l'applicabilità della pena, quale può essere la legittima difesa.
La legittima difesa presuppone la commissione del reato, ma è una causa di giustificazione della condotta, in quanto l’agente è stato costretto a compierla.
Nel caso in esame,  Caio veniva scoperto in flagranza da Tizio mentre era intento a rubare la sua autovettura. Date le circostanze il ladro aveva abbandonato il veicolo, ma ciononostante Tizio lo inseguiva e nel corso dell'inseguimento lo feriva gravemente ad una gamba, sparandogli con una pistola regolarmente detenuta.

La prima precisazione necessaria è che già dalla lettera dell’art. 52 c.p. si evince che la difesa può dirsi legittima se viene attuata contro un pericolo di offesa ingiusta di un diritto proprio o altrui. Tuttavia il pericolo dev’essere attuale e la difesa dev’essere proporzionata all’offesa.

Il secondo comma della norma non riguarda il caso in questione, dato l’espresso richiamo all’art. 614 c.p. in tema di violazione di domicilio.

Applicando quanto precisato a livello normativo al caso concreto, è evidente che vi sia stato un tentativo di ingiusta lesione del diritto patrimoniale di Tizio (è ormai appurato che i “diritti” si cui parla la norma possano essere sia personali che patrimoniali), tuttavia Caio ha desistito non appena si è visto scoperto, ben prima che Tizio estraesse la pistola. 
Ne deriva che, nel caso di specie, non vi è attualità del pericolo, tale da rendere legittima la reazione di Tizio, infatti l’offesa può dirsi attuale nel caso in cui, se non neutralizzata tempestivamente, comporti la lesione del diritto, mentre la reazione è illegittima nel momento in cui esula dalla necessità di difendersi e non è proporzionata all’offesa, essendo il pericolo evitabile in altro modo (concorde Cass. n. 16908/2004).
L’azione posta in essere, per rientrare nella scriminante della legittima difesa deve, con giudizio ex ante, essere l’unica possibile e non sostituibile con altra meno dannosa per ottenere lo stesso risultato. Sulla base di questi principi, la Suprema Corte nella pronuncia n. 32282/2006, ha confermato la decisione della Corte d’Appello che escludeva la scriminante della legittima difesa nel caso in cui un soggetto aveva sparato ad un ladro che si era introdotto nella sua abitazione, nel momento in cui il ladro si era ormai dato alla fuga. Non si può giustificare una reazione, specie quando di tale portata, se l’azione lesiva sia giunta a termine o peggio, non sia nemmeno stata compiuta, come nel caso in esame.
La ricostruzione dei fatti dimostra che Caio si era già dato alla fuga, per cui il pericolo era cessato ed era subentrata al massimo la volontà di catturare il ladro, che non era riuscito a sottrarre alcunchè a Tizio. Ne deriva che sparare dei colpi di pistola appare una reazione spropositata.

Ne consegue che la reazione di Tizio appare inidonea a ricadere nell’ambito applicativo della legittima difesa, sia per assenza dell’attualità del pericolo da fronteggiare, sia per la sproporzione tra offesa e reazione. La lesione di un bene importante e costituzionalmente tutelato, quale quello alla vita o alla salute, messi a rischio dalla condotta di Tizio, costituirebbe già di per sé una sproporzione tra difesa ed offesa (il tentato furto di un’automobile), ma la reazione è ancor più eccessiva nel momento è stata posta in essere quando l’azione lesiva era ormai conclusa, nel senso che il pericolo poteva dirsi sventato.

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