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PARERE SVOLTO DI DIRITTO CIVILE: USUFRUTTO (2014)

TRACCIA
"Caio, titolare del diritto di usufrutto su di un immobile adibito a civile abitazione, lamenta che a seguito dell'esecuzione di lavori sulla strada provinciale attigua all'edificio, lo stesso ha subito danni alle mura perimetrali causati dalle acque piovane, il cui deflusso è stato deviato in seguito all'eliminazione della cunetta prima esistente sulla strada pubblica. 
Dopo aver inviato la richiesta di risarcimento danni all'Amministrazione Provinciale, Caio si rivolgeva al proprio legale di fiducia, in quanto l’Amministrazione negava ogni responsabilità. La stessa, inoltre, aveva eccepito il difetto di legittimazione attiva, ritenendo che legittimato attivamente dovesse essere solo il nudo proprietario, in quanto ex art. 1005 c.c. le riparazioni relative alla struttura essenziale dell'immobile, alla quale si riferiscono i danni lamentati, sono poste a carico di quest’ultimo.
L'usufruttuario chiede, quindi, al proprio legale un parere circa l'esperibilità di un'azione risarcitoria contro l'Amministrazione Provinciale."

SVOLGIMENTO

La soluzione del quesito proposto necessita di un riferimento alla disciplina dell’usufrutto, con particolare riguardo agli eventi conseguenti a danni sul bene oggetto di usufrutto, per quanto riguarda la ripartizione degli oneri tra usufruttuario e nudo proprietario e per quanto concerne la spettanza della legittimazione attiva in caso di azioni legali nei confronti del danneggiante.
Dopo aver appurato tali aspetti, si potrà esaminare la concreta convenienza dell’inizio di un’azione risarcitoria avente come controparte una pubblica amministrazione, in considerazione di tutti gli interessi pubblicistici sottesi al suo intervento danneggiatore.

L’usufrutto è il diritto reale di godimento per eccellenza e mediante il suo esercizio l’usufruttuario può usare e godere della cosa altrui, purchè non ne alteri la destinazione economica.
Nel corso del periodo di durata dell’usufrutto, pertanto, l’usufruttuario può godere della cosa come se ne fosse il proprietario, entro il limite di immutabilità della destinazione economica del bene e sottostando agli oneri dettati dagli artt. 1001 ss C.C. al fine di garantire al proprietario che, al termine dell’usufrutto, il bene gli sarà restituito nelle medesime condizioni di quando è stato concesso, salvo il deterioramento dovuto al normale e diligente uso del bene.

Gli artt. 1004 e 1005 c.c. disciplinano la suddivisione degli oneri derivanti dalle riparazioni ordinarie e straordinarie della cosa tra usufruttuario e nudo proprietario. 
Vige la regola generale per cui le spese relative all’ordinaria amministrazione sono a carico dell’usufruttuario, quelle straordinaria a carico del nudo proprietario. 
L’art. 1005 detta un elenco esemplificativo delle spese che possono considerarsi straordinarie: tra queste rientrano quelle “riparazioni necessarie ad assicurare la stabilità dei muri maestri e delle volte”.

Nel caso in esame, sulla base di tale disposizione, controparte ritiene che la legittimazione attiva non possa spettare all’usufruttuario, ma al massimo al nudo proprietario, gravando su quest’ultimo le spese per le riparazioni straordinarie.

Tale soluzione non è condivisibile alla luce della disciplina dell’usufrutto e dei diritti dell’usufruttuario per il periodo di durata dell’usufrutto. Lo stesso, per poter godere appieno della cosa, deve potersi tutelare da invasioni altrui del suo diritto. 
Può essere ritenuta invasione del suo diritto il danneggiamento delle mura perimetrali a causa dell'anomalo deflusso delle acque piovane determinato dall'eliminazione della cunetta prima esistente sulla strada pubblica, soprattutto in virtù del fatto che il bene danneggiato è l’abitazione del sig. Caio.
I lavori eseguiti dalla P.A. hanno inevitabilmente comportato una diminuzione del valore del bene, anche dal punto di vista estetico, oltre che funzionale e questo incide sul diritto di godimento.

Anche la Suprema Corte si è pronunciata nel 2000 (Cass. n. 10733/2000) su un caso analogo, in cui si disquisiva del crollo del muro di contenimento di un fabbricato oggetto di usufrutto, stabilendo la legittimazione ad agire da parte del titolare del diritto per ottenere un risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 2043 c.c. La legittimazione attiva si giustifica appunto per il danno cagionato al bene oggetto del suo diritto, danno che ne ha causato una riduzione del godimento.

Non rileva, pertanto, ai fini della legittimazione ad agire, la disposizione di cui all’art. 1005 c.c., la quale si riferisce ai rapporti interni tra usufruttuario e nudo proprietario, non limitando in alcun modo la legittimazione ad agire, ma stabilendo un mero criterio di ripartizione delle spese per le riparazioni e la manutenzione del bene.

Peraltro, sempre in tema di legittimazione all’azione, in tema di esercizio dell’azione negatoria, la giurisprudenza è consolidata nel ritenere che l’usufruttuario possa promuovere l’azione negatoria, pur con il litisconsorzio necessario del proprietario. La legittimazione attiva dell’usufruttuario si afferma, anche in tal caso, per la titolarità del diritto di godimento del bene da parte dell’usufruttuario. In tal senso si sono espresse pronunce, anche risalenti, della giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 4808/1992, Cass. n. 819/1983).
La ragione di fondo alla base delle pronunce, consistendo nella giustificazione della legittimazione attiva come reazione alla turbativa del diritto dell’usufruttuario di godere del bene, è applicabile in via analogica al caso in esame.

Alla luce di quanto esposto si ritiene di poter risolvere positivamente il quesito circa la legittimazione attiva dell’usufruttuario all’esperimento dell’azione.

Quanto all’esperibilità dell’azione, è evidente che la P.A. abbia cagionato un danno all’edificio (e conseguentemente abbia limitato il diritto di godimento in capo a Caio).
Il danno ricade nella categoria dei danni ingiusti di natura extracontrattuale ex art. 2043 c.c., essendo stato cagionato a causa della rimozione di una cunetta sulla strada in seguito a lavori pubblici ivi effettuati.

È bene puntualizzare sin da subito che la legittimazione passiva spetta all’amministrazione provinciale. 
In tema di appalti pubblici (quale è quello che ha affidato all’impresa l’esecuzione dei lavori di rifacimento della strada), l’ente committente non può dirsi esente da responsabilità in caso di danni provocati in seguito all’esecuzione di lavori pubblici, in quanto dispone di poteri di controllo, autorizzazione ed ingerenza, con la facoltà di disporre varianti o addirittura sospendere i lavori, per intercessione del direttore dei lavori, nel caso in cui questi si dovessero rivelare potenzialmente dannosi per i terzi.
Il mancato intervento dell’ente in tal senso, conseguentemente, decreta automaticamente la sua responsabilità in caso di danni a terzi, come nel caso di specie (cfr. in tal senso Cass. n. 4591/2008).

La responsabilità a cui l’amministrazione provinciale va incontro è la responsabilità extracontrattuale di cui all’art. 2043 c.c., in quanto sussistono il danno alle mura perimetrali, dimostrabile con perizia di parte e reperti fotografici. 
Insiste il fatto colposo della P.A., che nel caso di specie la rende unicamente responsabile se ha dato precise direttive comportamentali all’impresa esecutrice nel senso di rimuovere la cunetta, vincolandone la volontà (Cass. n. 8802/1999) , o solidalmente responsabile se, come anticipato, non ha ben esercitato i suoi poteri di ingerenza, controllo ecc.

Infine è innegabile la sussistenza del collegamento causale tra la condotta e l’evento dannoso. Prima della rimozione della cunetta, infatti, il muro perimetrale non aveva mai subito alcun danno dalle acque piovane, il cui deflusso è diventato anomalo in seguito a tale intervento, eseguito in maniera evidentemente colposa.
I lavori sono stati compiuti con negligenza, imprudenza ed imperizia. La prova è insita nell’evento dannoso, in quanto qualsiasi norma di prudenza impone che una strada sia provvista di cunette per lo scolo delle acque piovane a fini di sicurezza. La loro mancanza, oltre a provocare rischi ai veicoli in transito, ha causato l’evento dannoso.

Il danno risulta così ingiusto e non è giustificato nemmeno dalla necessità di tutelare un interesse superiore, quale l’interesse pubblico alla sicurezza stradale o alla miglior circolazione, in quanto la eliminazione della cunetta, come anticipato, rende la strada insicura.

La prova del danno e la sua quantificazione spettano all’attore, trattandosi di responsabilità extracontrattuale, ma ciò non costituisce un impedimento alla promozione dell’azione di risarcimento, in quanto la prova può facilmente essere fornita per mezzo di una perizia, essendo il danno evidente ed essendo altresì evidente la negligenza nell’esecuzione dell’opera pubblica.

Ne consegue che, in conclusione, il sig. Caio ha interesse ad agire per il risarcimento del danno nei confronti dell’amministrazione provinciale e l’azione merita di essere iniziata, sussistendone tutti i requisiti.

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