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PARERE SVOLTO DI DIRITTO PENALE (2014): REATI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

TRACCIA


"Alfa, ufficiale di  polizia giudiziaria presso la procura della repubblica, mediante abuso della propria qualifica, indicava  a Beta, ingegnere civile, a Gamma, geometra e a Sempronio, ingegnere meccanico, la possibilità di un loro coinvolgimento in procedimenti penali riguardanti abusivismo edilizio nella costruzione di opere alle quali avevano lavorato, assumendo la qualifica di direttore dei lavori.
L'ufficiale di polizia insisteva nel puntualizzare la sua possibilità di orientare gli sviluppi dei procedimenti, grazie ad un ampio ed incondizionato potere di azione nell'ambito dell'ufficio cui era addetto, così potendo evitare a ciascuno di essi la sospensione temporanea dell'attività.
Per mezzo di tali condotte, costringeva ed induceva Beta e Gamma a consegnargli la somma di euro 2000 e Sempronio la somma di euro 500 per evitare spiacevoli conseguenze alla loro attività professionale ed assicurare la mancata emersione delle infrazioni rilevate.

Inoltre, millantando credito presso i funzionari in servizio alla procura della repubblica si faceva promettere da Beta la somma di euro 1000 per mediare al fine di ottenere la soppressione o archiviazione di un inesistente esposto in danno del predetto.
Beta corrispondeva solo parzialmente la somma, consegnando solo euro 300.


SVOLGIMENTO

La condotta posta in essere da Alfa, o meglio, le sue condotte, possono tutte rientrare nel reato di concussione ex art. 317 c.p.

La norma è stata recentemente modificata (con D.L. 190/2012), eliminando dai soggetti attivi del reato l’incaricato di pubblico servizio ed aumentando il minimo edittale della pena.

Il delitto ha natura plurioffensiva, in quanto lede in primo luogo la correttezza e buon andamento della pubblica amministrazione ed in secondo luogo la libertà del consenso e l’integrità del patrimonio del cittadino: con una sola condotta si offendono due o più beni giuridici.

Ne deriva che soggetti passivi sono colui che è costretto a dare denaro o altra utilità al pubblico ufficiale e la P.A., mentre soggetto attivo può essere solo il pubblico ufficiale: se ne deduce che trattasi di un reato proprio, che può essere commesso solo da chi possiede una determinata qualifica.

Per pubblico ufficiale si intende non necessariamente un dipendente della P.A., ma anche colui che è chiamato a svolgere pubbliche funzioni, a prescindere dai rapporti di lavoro che lo legano alla P.A.

Alfa rientra perfettamente nel ruolo di pubblico ufficiale, essendo un ufficiale di polizia giudiziaria ed avendo un ruolo non meramente esecutivo, bensì anche decisionale.

La condotta illecita punita dalla norma consiste nel coartare la volontà del privato al fine di costringerlo a dare o promettere indebitamente denaro o altra utilità all’agente o ad un terzo. È fondamentale che ciò venga fatto dal pubblico ufficiale abusando della sua qualità o dei suoi poteri al fine di conseguirne un illecito vantaggio.

L’abuso sussiste anche in assenza di minaccia esplicita, essendo sufficiente che il p.u. di fatto, anche implicitamente, agisca in modo da piegare la volontà della vittima grazie alla sua posizione di preminenza. Ciò può essere fatto, ad esempio, inculcando nella vittima la convinzione che sottostare alla pretese del p.u. sia l’unico modo per evitare un pregiudizio. Il risultato di questa “violenza psicologica” è l’induzione a dare o promettere denaro o altra utilità (Cass. n. 46514/2009).

L’abuso può riguardare la qualità o i poteri del P.U.. 
Nel primo caso basta che il soggetto approfitti della posizione di preminenza datagli dal suo incarico, anche indipendentemente dal ruolo effettivamente svolto dall’agente e quindi indipendentemente dal fatto che quanto prospettato al privato sia attuabile concretamente per sua competenza funzionale. 
L’abuso dei poteri, al contrario, comporta che effettivamente il soggetto attivo possa compiere atti rientranti nelle sue competenze tipiche, ma per un fine differente da quello per cui tali poteri gli siano stati conferiti.

Nel caso di specie l’abuso si è perpetrato mediante l’ostentazione della possibilità di orientare gli sviluppi dei procedimenti, grazie ad un ampio ed incondizionato potere di azione nell'ambito dell'ufficio cui Alfa era addetto. 

Trattasi, pertanto, di abuso di poteri, in quanto la qualifica di Alfa gli concedeva un ampio margine di azione all’interno dell’ufficio, essendo lo stesso ufficiale di P.G. la sua carica gli garantiva, quantomeno nella fase delle indagini preliminari, la possibilità di indirizzare effettivamente i procedimenti verso una direzione, piuttosto che un’altra.

Nel caso dell’ulteriore condotta perpetrata nei confronti di Beta, consistita nel fargli credere che avrebbe potuto, grazie al credito goduto presso i funzionari addetti, far sopprimere o archiviare un inesistente esposto in danno del predetto, si manifesta un abuso di qualità, perchè quanto promesso (peraltro non corrispondente a realtà) non sarebbe stato compiuto da Alfa in virtù delle sue competenze tipiche, ma lo stesso avrebbe usato la sua influenza, datagli dal proprio ruolo all’interno dell’ufficio.

Come deducibile da quanto già esposto, l’abuso è il mezzo per costringere il soggetto passivo a dare o promettere l’indebito. La costrizione non è fisica, bensì psichica, consiste in una minaccia, esplicita o implicita, di provocare alla vittima un male ingiusto, che può avere o meno carattere patrimoniale (in tal senso si esprime Cass. n. 3251/2013). La vittima, così, si convince che l’unico modo per sottrarsi a tale male sia soddisfare la pretesa prospettatale.

Nel caso di specie Alfa ha perpetrato la costrizione prospettando a Beta, Gamma e Sempronio il loro coinvolgimento in procedimenti penali aventi ad oggetto opere edilizie abusive, nelle quali avevano assunto la qualifica di direttore dei lavori, prospettando loro la sospensione temporanea dell'attività.

Evidentemente tale sospensione è un male ingiusto che, pur non essendo direttamente patrimoniale, avrebbe condotto a ripercussioni di tipo patrimoniale. 

L’ingiustizia risiede anche nella minaccia del loro coinvolgimento in procedimenti penali: è infatti principio ormai consolidato in giurisprudenza che anche la minaccia di denunciare un reato realmente commesso integra concussione, in quanto la denuncia sarebbe solo un mezzo per conseguire fini illeciti (così Cass. n. 89497/1984).

Rientra tra le minacce idonee a coartare la volontà della vittima mediante abuso della posizione anche quella ulteriore posta in essere nei soli confronti di Beta, relativa alla soppressione o archiviazione di un esposto in suo danno, in cambio della somma di 1000 euro, nonostante in realtà non ci fosse alcun esposto in danno di Beta. 
La Suprema Corte ha avuto modo di affermare diverse volte che non rileva che lo scopo sia perseguito mediante inganno della vittima, in quanto ai fini della configurazione del delitto è importante la coercizione della volontà mediante l’abuso di pubblica funzione. Così la Corte ha ritenuto, ad esempio, sussistente il reato di concussione nel caso in cui un maresciallo della Guardia di Finanza aveva falsamente prospettato un controllo fiscale ai responsabili di un’impresa al fine di ottenere una somma di denaro, a suo dire per evitare questo controllo, che nei fatti non era previsto (Cass. n. 2787/1995. Conforme cass. n. 53555/2003). 

Diversa è la induzione indebita a dare o promettere utilità, prevista ora dall’art. 319 quater ed introdotta dalla riforma, che costituisce fattispecie residuale, applicandosi se il fatto non costituisce più grave reato.
La coartazione della volontà della vittima è elemento che si riflette anche sulla qualificazione del comportamento del concusso. Perché si configuri il reato, la dazione o la promessa di denaro o altra utilità non devono essere necessariamente conseguenti alla minaccia del P.U., ma possono anche provenire da spontanea offerta della vittima, purchè siano frutto della veicolazione della propria volontà in tal senso da parte delle minacce o allusioni del P.U.
Ciò che conta è che la volontà non si sia formata liberamente (Cass. n. 24401/2008), infatti non a caso uno dei beni tutelati dalla norma è proprio la libertà del privato di formulare le proprie scelte liberamente.

Come comprensibile dalla mera lettura della norma, la concussione si verifica sia in caso di dazione, che di promessa del privato.

Da tutto quanto esposto si può giungere all’univoca conclusione che Alfa abbia commesso il reato di concussione di cui all’art. 317 c.p.


BREVE COMMENTO

Il problema centrale di questo parere è non confondere la concussione con il reato di millantato credito. 
Nonostante i termini fuorvianti utilizzati dalla traccia, la fattispecie rientra senza dubbio nelle condotte concussive.

Disclaimer: la traccia del parere è liberamente ispirata da un parere rinvenuto nel testo edito da CEDAM, "Pareri motivati di diritto penale", a cura di Giuseppe Cassano (2012). 
Lo svolgimento è integralmente scritto di mio pugno.

Se deciderai di svolgere questo parere e se dovessi averne voglia, puoi inviarmi tramite commento o messaggio privato via e-mail la tua soluzione, sarò felice di leggerla e di discuterne con te!
Buon lavoro

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