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Quattro chiacchiere sul... LEASING FINANZIARIO


Quello di Leasing Finanziario è un negozio che può avere ad oggetto sia beni mobili che immobili e che ha come causa il finanziamento per l’acquisto dei beni, finanziamento che viene restituito nella pratica mediante il pagamento di un canone.
Ciò vuol dire che se ad esempio io, imprenditore, avessi bisogno di un macchinario per riparare scarpe, ma non avessi i fondi per pagarlo, potrei rivolgermi ad una società di Leasing, la quale acquisterebbe il macchinario e poi me lo concederebbe in godimento, a patto che io periodicamente le corrisponda del denaro.

Si tratta quindi di un negozio trilaterale le cui parti sono:
- CONCEDENTE: acquista la proprietà di un bene al fine di concederlo in godimento a fronte di un corrispettivo periodico
- UTILIZZATORE o CONCESSIONARIO: usufruisce del bene
- FORNITORE: colui che vende il bene al concedente

Il leasing non dà luogo ad un unico contratto, ma si compone di due contratti bilaterali, che mantengono la propria individualità. 
Tra i due contratti si crea un collegamento negoziale tale che quanto accade ad un contratto si ripercuote sull’altro, condizionandone la validità ed efficacia. 
I due contratti sono:
- Il contratto di compravendita o appalto tra fornitore ed acquirente
- Il contratto di Leasing vero e proprio tra concedente e concessionario. Questo contratto può avere diverse caratteristiche a seconda di svariati fattori, tra cui l’autonomia negoziale delle parti. 

In particolare si distinguono, in relazione al valore residuo del bene al termine del contratto, leasing c.d. "traslativo" e leasing c.d. "di godimento".

Se al termine del contratto di Leasing il valore residuo del bene è ancora elevato (spesso supera di gran lunga il costo richiesto all’utilizzatore per esercitare il diritto di opzione), si è in presenza di LEASING TRASLATIVO, che può rientrare nello schema negoziale della vendita a rate, con conseguente applicazione dell’art. 1526 comma 3 c.c.. in tal caso, infatti, le somme versate periodicamente svolgono la stessa funzione delle rate, consentendo l’acquisto finale del bene, il quale ha ancora un valore apprezzabile. Generalmente sono le stesse parti, in sede di conclusione del contratto, a decidere che il fine ultimo della negoziazione sia proprio il trasferimento della proprietà del bene all'utilizzatore mediante il pagamento di una somma, spesso irrisoria rispetto all’effettivo valore del bene, al fine dell’esercizio del diritto di opzione.

Qualora invece il prezzo dell’esercizio del diritto di opzione sia più altro del valore residuo del bene al momento della scadenza del contratto, ci si può ritenere in presenza di un LEASING DI GODIMENTO, a cui si applica agevolmente la disciplina della locazione. Il bene residua un valore scarso, in quanto questo tipo di contratto viene in genere stipulato per un periodo pari alla vita economica del bene, proprio allo scopo di finanziarne la fruizione.

Il diritto di opzione, a cui si è fatto cenno, consiste nella possibilità per il concessionario, una volta scaduto il termine stabilito per il godimento, di pagare un’ulteriore somma al fine di ottenere la proprietà del bene.
Altre possibilità concesse all’utilizzatore al termine del contratto sono:
- Restituzione del bene
- Prosecuzione del godimento, pagando un canone ridotto
- Sostituzione del bene con un altro utilizzabile in modo più proficuo
- Altre azioni definibili dal contratto

La distinzione tra leasing traslativo e di godimento è importante soprattutto quanto ai diversi effetti che opera sulle due tipologie la risoluzione per inadempimento: ex art. 1458 c.c., “la risoluzione del contratto per inadempimento ha effetto retroattivo tra le parti, salvo il caso di contratti ad esecuzione continuata o periodica, riguardo ai quali l' effetto della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite. 
La risoluzione, anche se è stata espressamente pattuita, non pregiudica i diritti acquistati dai terzi, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di risoluzione.”
Ebbene, applicando al leasing di godimento la disciplina della locazione (essendo i canoni versati un vero e proprio corrispettivo per il godimento del bene), si qualifica il rapporto come ad esecuzione continuata, con conseguente impossibilità di ripetere le prestazioni già eseguite.
Diversamente al leasing traslativo risulterà applicabile il principio della retroattività della risoluzione, quindi in caso di risoluzione per inadempimento il concedente dovrà restituire i canoni riscossi fino a quel momento, pur potendo chiedere all’utilizzatore un equo compenso per la fruizione della cosa ed il risarcimento del danno.

In ogni caso l’utilizzatore ha l’obbligo di manutenzione del bene e su di lui gravano il rischio di perimento, mancata consegna, evizione e vizi. 
Stante l’autonomia negoziale, ma nello stesso tempo il collegamento dei due contratti costitutivi del negozio di Leasing, l’utilizzatore che riscontri problemi nel bene oggetto del contratto potrà agire direttamente contro il fornitore, ma solo con azione di adempimento o risarcitoria. 
Gli è preclusa l’azione di risoluzione, che inciderebbe sul diritto del concedente, essendo il contratto di compravendita o appalto stipulato dal concedente e dal fornitore, con estraneità dell’utilizzatore.



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