Passa ai contenuti principali

IL GIUDIZIO DI OTTEMPERANZA: COSA SI INTENDE PER "OTTEMPERARE AL GIUDICATO"?

Senza soffermarmi a citare didascaliche, quanto superflue definizioni di "giudicato", inizio con il dire che questo è alla base del giudizio di ottemperanza.
La giurisprudenza ha precisato che il giudicato amministrativo è intangibile dalla legge sopravvenuta retroattiva, anche quando questa entri in conflitto con il contenuto dell'accertamento.

La caratteristica principale di una sentenza passata in giudicato è, di norma, la definitività ed immutabilità della stessa, sul piano sostanziale e processuale.
Ovviamente, la parte che ha ottenuto una sentenza che ha accertato e cristallizzato il contenuto del suo diritto, ha tutto l'interesse affinché il contenuto della stessa abbia dei concreti risvolti nella vita reale.
Spesso la sentenza è autoapplicativa, non necessita di alcuna attività per tutelare il beneficiario: è il caso delle sentenze demolitorie, che eliminano la situazione negativa, ripristinando, così, il naturale e legale corso degli eventi.
Vi sono anche sentenze che, senza un comportamento positivo della P.A., non sono in grado di concretizzare la tutela del privato, che era stato leso da un comportamento della stessa. In particolare mi riferisco alle sentenze che, per essere attuate, hanno bisogno, alternativamente, che;
- la P.A. osservi la regola di diritto stabilita dalla sentenza. E' il caso delle sentenze di contenuto interpretativo, che hanno fornito come interpretare una o più norme in relazione al caso concreto di cui trattasi;
- la P.A. esegua atti strettamente attuativi della sentenza, da un punto di vista giuridico ( ex. riassumere un impiegato illegittimamente licenziato) o materiale.
- la P.A. adempia ad un ordine, o si conformi ad un determinato comportamento, nel caso di sentenze di condanna;

Fermo restando che, per quanto non coperto da giudicato, la P.A. mantiene una discrezionalità residua, la stessa ha l'obbligo di conformarsi al giudicato, nei modi suddetti.
Qualora la P.A. non dovesse provvedere autonomamente, nei casi previsti dalla legge è possibile ricorrere al giudizio di ottemperanza.
La conformazione al giudicato pone innanzitutto il quesito relativo alla natura dell'ottemperanza, posto che è ormai acclarato che l'obbligo di eseguire le decisioni è insito nelle stesse. Ne consegue che tale giudizio non è necessario ai fini dell'accertamento dell'obbligo di conformarsi alla decisione (giudizio cognitivo), ma non può nemmeno definirsi un giudizio meramente esecutivo, in quanto il giudice dell'ottemperanza non si limita a porre in essere quanto necessario per concretizzare le statuizioni della sentenza, ma da un lato individua il modo migliore per eseguire la sentenza, dall'altro valuta l'inadempimento o il comportamento eventualmente elusivo della stessa P.A. nell'ottemperanza.
È quindi primario evidenziare che il giudizio di ottemperanza, quindi, può essere posto in essere sia in caso di totale inerzia della P.A. Di fronte ad una sentenza non autoapplicativa, sia in caso di parziale adempimento. Si è, infatti, assistito ad un progressivo ampliamento, anche ad opera della giurisprudenza, del concetto di inadempimento, fino a ricondurvi in caso in cui la P.A. adempia, di fatto, al comando imposto dalla sentenza di condanna, ma in maniera elusiva, cioè ponendo in essere una condotta che, formalmente, non appaia in contrasto con la pronuncia, ma che, in effetti, dimostri in modo inequivoco ed obiettivo la volontà di sottrarsi agli obblighi scaturenti dalla sentenza.

Di questo si è occupato, da ultimo, il Consiglio di Stato che, nella pronuncia n.3482/2014, ha stabilito, tra l'altro, che in simili situazioni è necessario esperire il ricorso per l'ottemperanza, e non il ricorso di legittimitá.

In particolare, nel caso trattato, vi era stato l'annullamento di una procedura di pubblica selezione di un medico primario, con obbligo in capo all’ Amministrazione di provvedere a riattivare la procedura stessa. 
La P.A. aveva indetto altra procedura del tutto diversa, invece di rinnovare la precedente.
Orbene, la P.A. in questione aveva ritenuto di essersi conformata al giudicato, mediante l'indizione di una nuova procedura, ed in particolare con l'emanazione di una  deliberazione, recante l’assegnazione temporanea ad altro concorrente del posto di dirigente medico dell’U.O.C..

La pronuncia in esame ha stabilito che questa condotta, lungi dal costituire ottemperanza al giudicato, costituisca elusione dello stesso, ritenendo che, così facendo, "l’Amministrazione volesse aggirare ancora la decisione del giudice, asseritamente in esecuzione della nominata sentenza, attivando invece una diversa procedura selettiva per lo stesso posto a suo tempo oggetto di altra procedura annullata da questo Collegio per una serie di illegittimità. 
L’Amministrazione era tenuta quindi, per l’appunto in ottemperanza a detta sentenza, a modificare i provvedimenti a suo tempo adottati con specifico riguardo proprio alle articolate argomentazioni svolte dalla Sezione e pure il nuovo recente provvedimento avrebbe dovuto essere fornito di adeguata motivazione in ordine alla scelta della nuova procedura al momento assunta."

Il Consiglio di Stato ha ritenuto che, qualora in seguito al giudicato dovesse verificarsi una situazione nuova e sopravvenuta di riedizione di un potere, allora il giudicato, pur portando con sè un'esigenza di certezza, non può avere effetto vincolante, proprio in quanto, pur prendendo atto della decisione del giudice, una situazione sopravvenuta non può sottostare ad una pronuncia data quando tale situazione non era ancora esistente.

Nel caso di specie, però, la questione è diversa, in quanto si sono valutate differentemente, in base ad una nuova prospettazione, situazioni che, esplicitamente o implicitamente, siano state oggetto di esame da parte del giudice, per cui la riedizione deve assoggettarsi a precisi vincoli e limiti. 
Ne consegue che, se il giudice ha accertato definitivamente la sussistenza di determinati presupposti relativi alla pretesa del ricorrente, questa decisione dovrà vincolare l’azione amministrativa.
A tal riguardo, il Consiglio di Stato ha sottolineato che la Pubblica Amministrazione ha l’obbligo di soddisfare la pretesa del ricorrente vittorioso e di non frustrare la sua legittima aspettativa con comportamenti elusivi, ricordando che anche in questo caso trovano applicazione i generali principi di buona fede dell'azione e di buon andamento della P.A.;

"Ne consegue che la nuova attività rieditiva e valutativa non può essere l’espressione di una gestione ondivaga e contraddittoria del potere e in quanto tale contrastante, nella prospettiva pubblicistica, con il principio costituzionale del buon andamento e, in quella privatistica, con i principi di correttezza e buona fede, specie quando è la stessa Amministrazione a riesaminare il dictum del giudice.
Nella specie, a fronte di un giudicato di accoglimento dell’appello che, nell’annullare l’atto della procedura selettiva per l’incarico dirigenziale in questione, rimetteva all’Amministrazione l’obbligo di riattivare la procedura stessa, il presente ricorso è volto di certo a stabilire l’effettività dell’esecuzione della sentenza, ed in particolare se l’Amministrazione abbia ottemperato alla pronuncia del giudice con apposita verifica delle conseguenti determinazioni assunte.
La domanda proposta dal ricorrente in sede di ottemperanza mira dunque ad evidenziare che l’accertamento giurisdizionale aveva avuto ad oggetto determinati presupposti della pretesa sostanziale dedotta in sede cognitiva, in relazione ai quali si doveva ritenere esteso l’effetto del giudicato, con conseguente esistenza in proposito di un vero e proprio vincolo per la riedizione dell’azione amministrativa, che sarebbe stato infranto dalla susseguente attività amministrativa, e che avrebbe in pratica eluso il decisum mediante un artificio logico consistente nell’adozione di un differente percorso logico motivazionale procedurale."

Commenti

Post popolari in questo blog

ATTO SVOLTO DI DIRITTO CIVILE (2014): Responsabilità precontrattuale

“Tizio si rivolgeva alla società Alfa per l'acquisto di un appartamento realizzata dalla stessa. Dopo averne visionati diversi, Tizio e la società firmavano una scrittura privata in cui quest'ultima si impegnava a bloccare l'appartamento e Tizio a dare una risposta sull'acquisto dello stesso entro 10 giorni. Dopo 8 giorni la società Alfa Tizio scopriva, contattato da Alfa, che l'appartamento non era più disponibile perchè acquistato da Caio, il quale  aveva visionato gli stessi immobili già visitati anche da Tizio: la società trattava con entrambi, al fine di aumentare il ricavo.

ATTO SVOLTO DI DIRITTO CIVILE: RICORSO EX ART. 700 C.P.C.

TRACCIA “Tizio è proprietario di un’abitazione che insiste in un giardino al cui confine si trova l’azienda Alfa che produce piccoli elettrodomestici. Poiché l’azienda ha recentemente accresciuto la sua produzione e modificato le fasi lavorative, così divenute eccessivamente rumorose, ne è derivato un continuo disturbo per il riposo del sig. Tizio e famiglia, negli orari pomeridiani e serali.

PARERE SVOLTO DI DIRITTO CIVILE: USUFRUTTO (2014)

TRACCIA "Caio, titolare del diritto di usufrutto su di un immobile adibito a civile abitazione, lamenta che a seguito dell'esecuzione di lavori sulla strada provinciale attigua all'edificio, lo stesso ha subito danni alle mura perimetrali causati dalle acque piovane, il cui deflusso è stato deviato in seguito all'eliminazione della cunetta prima esistente sulla strada pubblica.  Dopo aver inviato la richiesta di risarcimento danni all'Amministrazione Provinciale, Caio si rivolgeva al proprio legale di fiducia, in quanto l’Amministrazione negava ogni responsabilità.